STATI UNITI D’AMERICA

autore: 
Roberto Vittucci Righini

E’ pur vero che la storia non si fa con i ma e con i se, ma talora vien da chiedersi come starebbero le cose e come vivremmo qualora non si fossero verificati taluni fatti.
Prendiamo ad esempio gli eventi legati al pensiero ed all’azione degli Stati Uniti d’America. Dovrebbe essere pacifico che questa grande Nazione alla quale gran parte del mondo deve molto, ne ha però determinato le vicende, la storia e l’avvenire in modi che sovente non possono non lasciar perplessi.
Il concetto esasperato di democrazia che è alla base di gran parte dell’attività politico militare degli Stati Uniti, così come è stato esportato ed imposto ad altri Paesi è stato in effetti utile agli abitanti degli stessi oppure solo agli Americani?


Proprio noi Italiani siamo stati tra i primi beneficiari o, a seconda delle opinioni, tra i primi danneggiati dal principio imposto dagli Statunitensi secondo i quali l’unica forma di governo accettabile è quella democratica che si può sviluppare solo nell’ambito di una repubblica.
E’ così successo che nel 1946 all’atto del referendum istituzionale che portò alla truffaldina vittoria della repubblica in Italia, tale affermazione elettorale trovò supporto nei vertici americani che non solo non intervennero a favore della Monarchia, ma lasciarono che buona parte di quanti votarono, lo facessero intimoriti dai discorsi e dai proclami dei repubblicani (“La repubblica o il caos” di Pietro Nenni, poi premio Stalin) secondo i quali un successo monarchico avrebbe causato inevitabilmente la lotta civile con aiuto che sarebbe stato dato ai partigiani rossi dalle truppe pronte ad intervenire dalla confinante Jugoslavia del criminale infoibatore Tito.


E’ però altresì evidente che gli Stati Uniti hanno sempre pagato grandi tributi anche di sangue (dei quali non si può fare a meno di esser loro profondamente grati) a difesa della libertà dei Popoli dall’oppressione prima nazista e poi comunista; come dimenticare, infatti, la loro determinante azione nell’ambito del Secondo conflitto mondiale e poi in Corea, nella sfortunata guerra del Vietnam e in tanti altri conflitti?

Qualcuno ha sostenuto che gli interventi americani hanno sempre avuto a base l’allargamento dei loro mercati e, quindi, l’esportazione e vendita dei loro prodotti, ma tale tesi non pare possa essere sostenuta in relazione - tenuto conto dei tempi degli interventi militari - a zone quali per l’appunto la Corea ed il Vietnam, Paesi dalle risorse economiche e quindi retributive delle importazioni, estremamente limitate se non del tutto nulle.

Discorso diverso si può e deve, invece fare, per altri interventi militari americani quali in particolare quello in Irak, Nazione ricca di risorse petrolifere.
Qui la situazione lascia decisamente perplessi tenuto conto che è ormai pacificamente emerso che Saddam Hussein non costituiva un pericolo per la pace mondiale in quanto non possedeva né aveva in costruzioni armi di sterminio, circostanza che è difficile credere fosse ignorata dai vertici americani e inglesi, dotati di servizi di informazione efficienti che si valgono delle più sofisticate tecnologie.
Dato lo spaventoso numero di migliaia di americani periti in Irak, non possono ormai sussistere dubbi sul fatto che tanti militari americani di stanza in tale Nazione difendano più che l’idea-speranza di imporvi un regime democratico, interessi economici degli Stati Uniti.
E ciò a parte che l’eliminazione di Saddam Hussein e del suo regime hanno causato una dilatazione del terrorismo islamico, con le note tragiche conseguenze.

In altre parole se è sommamente e incondizionatamente apprezzabile quanto gli Stati Uniti hanno fatto in difesa della libertà ed a tutela del mondo libero dalla minaccia comunista, discorso diverso va fatto sul desiderio di imporre la democrazia, per di più nella forma non sempre condivisibile voluta dagli americani, a quelle Nazioni che o per immaturità, o per necessità legata alla mentalità dei propri abitanti, risultano
maggiormente tutelate all’interno e meno pericolose all’esterno se governate come in precedenza; certamente meno democrazia, ma altrettanto sicuramente meno morti.

Quanto avvenuto a Cuba dove il dittatore Fulgencio Batista, per nulla pericoloso per le altre Nazioni, venne sostituito con l’iniziale beneplacito degli Stati Uniti dal comunista Fidel Castro con conseguente preoccupante spina nel fianco data l’estrema vicinanza tra i due Stati, e quanto successo in Persia, oggi Iran, con l’abbandono da parte degli americani dello Scià sostituito da Khomeini e dai successivi parimenti estremisti religiosi in permanente conflitto con gli americani, non ha evidentemente insegnato nulla a questi ultimi.
Grande Nazione gli Stati Uniti, grande la riconoscenza del mondo libero nei loro confronti, ma grande anche il desiderio di una loro politica estera più confacente ai desideri ed alle necessità del resto del mondo.

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