ABENOMICS

autore: 
Maurizio Caterino

Il nemico che attacca gli Stati e tenta di soggiogarli alle proprie sordide brame è la finanza internazionale, ma la gente è convinta che la crisi sia invece legata a certi politicanti ignavi, corrotti e spreconi.

Per di più i media embedded, con i loro salottieri, logorroici e paludati opinion leader, che hanno il callido compito di addomesticare i popoli, con argomentazioni paratattiche, narcotizzanti ed affabulatorie, inducono la gente a credere che il problema sia proprio la politica, inefficace e truffaldina. 

D’altronde meno informazioni vere ci sono in giro e meglio è per chi detiene davvero il potere.
Il nostro futuro lo decidono infatti i pochi occulti azionisti delle grandi banche d’affari internazionali con tutte le loro tortuose, disoneste, incredibili e criptiche macchinazioni che hanno abilmente congegnato ai nostri danni.



Semmai la inemendabile e imperdonabile colpa del carrierismo politico è di averci consegnato incaprettati allo strapotere delle banche dell’Unione Europea, un’organizzazione dispotica, opaca e poco democratica, padroneggiata dalla corrusca egemonia teutonica.


Assimilare poi la crisi dell’Europa alla crisi del Mondo è un errore e questo succede perché riteniamo inconsapevolmente o superbamente di essere al centro dell’universo.
Non sta crollando affatto tutto il sistema mondiale! Piuttosto l’Euro ha centrato in pieno il suo obiettivo: quello di distruggere certe nazioni europee e lo sta facendo alacremente e in poco tempo!

 

La moneta unica ha infatti peggiorato il divario di competitività causato dalle differenze nei tassi di inflazione e nei costi unitari del lavoro, accrescendo enormemente le divergenze socioeconomiche invece di appianarle.

Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e Cipro sono intrappolati in una terribile recessione e non possono riconquistare la competitività svalutando le loro monete. Ma anche la Francia, la seconda economia più grande d’Europa, sta vacillando e rischia di sprofondare in una grave crisi economica. 

Come i Paesi del sud, deve riguadagnare competitività, ma come loro, essendo parte del perverso sistema dell’euro,manca dello strumento necessario: possedere una propria moneta. Agli Stati non resta pertanto altra scelta se non liberalizzare, privatizzare, deregolamentare e soprattutto distruggere il welfare ed attaccare anche i patrimoni immobiliari più modesti con l’Imu e con altri nocivi ed odiosi balzelli. 

Secondo alcuni studi, se gestita in questo modo, la crisi potrebbe durare altri dieci anni.
 

Sembra insomma che un vecchio e sinistro auspicio sia divenuto realtà: la proprietà è un furto,ma ciò non vale per i grandi patrimoni finanziari, veri privilegiati, che sfuggono agevolmente ad ogni tassazione.
 

Intanto i Paesi in deficit non hanno altra scelta che tentare di riguadagnare competitività, riducendo i prezzi e salari, cioè stimolando la deflazione, un rimedio peggiore del male.

Ma il risultato a breve termine potrà essere solo quello di indebolire la loro domanda interna. 

In altre parole,da una parte i beni e le aziende dello Stato vengono allegramente svenduti ai privati per risanare i bilanci pubblici, dall’altra non ci sono più soldi per nuovi investimenti e per i servizi ai cittadini: gli ospedali funzionano sempre peggio, le strade delle città si riempiono di buche che non vengono riparate, i vigili devono comminare multe sempre più salate, spuntano come funghi nuove gabelle come la Tares, si riducono le pensioni, aumentano gli esodati e intanto la povertà incalza vertiginosamente.
 

È il modello terzomondista che avanza trionfante e minaccioso a grandi passi, propagandosi anche nella civilissima Europa,ma soprattutto in Italia, con pochi grandi ricchi sfuggenti e pacchiani, e una maggioranza silenziosa accuratamente tenuta a bada da politicanti da strapazzo e livellata verso il basso con pochi diritti e pochissimi servizi.
 

Non c’è dunque crisi di sistema, anzi il sistema, specie quello delle multinazionali e dell’alta finanza improduttiva e parassitaria si sta rafforzando ed ingigantendo!
Ciò che viene chiamata crisi è un attacco speculativo mirato che ha preso di punta solo alcuni Paesi dell’Europa, i cosiddetti Paesi cicala. 

Questo assurdo e detestabile cicaleccio sui Paesi cicala è quanto di più falso o offensivo possa esistere, tant’è che la gente inconsapevolmente lo associa alle corruttele vere o presunte della classe politica, o alla spesa sociale eccessiva (pensioni, sanità, istruzione) o alla burocrazia o alle troppe province o alla poca voglia di lavorare, però proprio grazie a questa disinformazione capziosa e tendenziosa si sposta l’attenzione dei veri ed autentici responsabili dello sfacelo, tagliando ogni possibile via di scampo.
 

La finanza internazionale eurista ha fatto di tutto per farci indebitare con essa stessa, tanto che non si riescono più neanche a pagare gli interessi esponenziali sul debito, proprio quando si avrebbe invece bisogno di destinare massicce dosi di liquidità all’economia reale, cioè a favore di chi lavora e produce. Tutto questo accade perché l’Euro non è una valuta sovrana e per l’Italia, in particolare, la suddetta moneta unica è diventata ormai tremendamente insostenibile. 

L’Euro è estraneo alla Nazione, è de facto et de jure una valuta estera. Tutti gli Stati dell’Eurozona non hanno la sovranità su questa moneta,ma sono costretti a chiederla in prestito alle iugulatorie condizioni dettate tirannicamente dalla Bce, una banca totalmente privata, indipendente da ogni controllo democratico, che bada solo al tornaconto dei suoi anonimi padroni e che decide in piena autonomia se finanziare o meno uno Stato, incurante delle sofferenze della gente.



Ma l’amaro calice dell’euro sembra che debba essere tracannato proprio fino alla feccia, in modo da provocare un peggioramento della crisi economica, tale da giustificare soluzioni draconiane, che al momento potrebbero apparire del tutto inimmaginabili od inaccettabili. 

All’opposto ecco come invece si difende, scandalizzando tanti economisti e indispettendo l’alta finanza predatoria,
il Giappone, Stato pienamente sovrano e padrone assoluto della propria moneta e delle proprie finanze.

Mentre l’Eurozona si avvita in una spirale recessiva, il Giappone cresce anche più degli Stati Uniti grazie ai primi effetti sull’economia reale delle politiche espansive promosse dal governo del primo ministro Shinzo Abe, che ha accantonato per ora i problemi del debito puntando tutto sulla crescita economica.Secondo i dati preliminari rilasciati oggi, il Prodotto interno lordo giapponese è salito nel primo semestre 2013 a un tasso annualizzato reale del 3,5%superiore alle attese … (Tratto dal - Il Sole 24 Ore - leggibile su http://24o.it/E23k4).


Tornato a guidare il Paese del Sol Levante dopo cinque anni, il primo ministro liberaldemocratico ha tentato da subito una cura choc, essenzialmente basata su due pilastri:una politica monetaria ultra accomodante - ha anche nominato un nuovo governatore della Banca centrale, Hurahiko Kuroda, per ottenerla - e investimenti pubblici da oltre 100 miliardi di dollari,a dispetto di un debito pubblico che supera il 240% del Pil e sconsiglierebbe spese azzardate. Ha fatto, cioè, l’esatto opposto di quello che gli economisti ritengono generalmente assennato. 

La scommessa continua. E intanto Abe si gode una popolarità da capogiro: il 70% dei suoi concittadini ne approva l’operato 

(leggibile su http://www.lastampa.it/2013/05/17/esteri/il-miracolo-di-abe-a-colpi-di-n...).
 

L’agenda del premier nipponico può dunque essere sintetizzata essenzialmente in tre punti: allargamento della base monetaria, aumento del deficit pubblico e stimolo degli investimenti mediante grandi opere pubbliche. Si tratta di una tipica politica neokeynesiana, con in più l’imposizione alla Banca Centrale giapponese di stampare carta moneta (altrettanto sta facendo la Federal Reserve negli USA che stampa 85 miliardi di dollari al mese!, snaturando così l’indipendenza della stessa Banca e violando un sacro e intoccabile tabù neoliberista. 

Ritornare alla sovranità monetaria degli Stati, che hanno tutto il diritto ed il dovere di battere moneta senza debito, è fondamentale, affinché ogni Stato abbia la possibilità di occuparsi dei diritti e della qualità della vita dei propri cittadini, e ciò non potrà giammai costituire un’immonda eresia euroscettica. 

L’economia collassata, la disoccupazione dilagante ed ai massimi storici, l’inarrestabile ed atroce sequenza di suicidi e fallimenti, che non si erano mai verificati nella storia del nostro Paese, possono trovare una soluzione solo con un’uscita strategicamente ordinata dall’Euro, con la nazionalizzazione delle banche e dei settori basilari dell’economia. 

Una volta padroni del sistema bancario e della moneta si potrebbe finanziare tanto di quel lavoro e ritrovare la piena occupazione senza imporre troppe tasse. In mancanza, le prospettive per i Paesi debitori della zona euro sono di un inasprimento fiscale implacabile e di anni di domanda carente!

Ciò si tradurrà senza ombra di dubbio in una contrazione o, nella migliore delle ipotesi, in una stagnazione della produzione e in un drammatico arretramento degli standard di vita. 

Se la moneta di uno Stato appartiene al popolo perché deve essere chiesta in prestito ad una banca privata?

 

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