GERMANIA ED EUROBOND

autore: 
Roberto Vittucci Righini

Dopo aver perso ed essere uscita distrutta dalle due guerre mondiali del ventesimo secolo, la Germania non più con i cannoni e i carri armati, bensì con le meno violente armi dell’economia, sta soggiogando e stringendo un nodo alla gol s a gran parte del l’Europa.


Grazie ad Angela Merkel, Cancelliera cresciuta alla scuola della Germania dell’est, evidentemente circondata da teste pensanti di ben altra levatura e potenza rispetto a quelle non solo italiane ma di gran parte se non di tutto il resto dell’Europa, i crucchi stanno mettendo in ginocchio le economie di numerose Nazioni del nostro Continente.


La Germania, anche se le sue banche sono le maggiori creditrici di quelle spagnole, ha saputo sfruttare al meglio le possibilità offerte dall’euro, al contrario di quanto avvenuto in Italia a causa dell’incapacità prima di Prodi e poi di Berlusconi, con relativi consiglieri e reggicoda.

Uscire oggi dalla tragica situazione di crisi che sempre più sta colpendo il nostro Paese (che non può risollevarsi con l’attuale cura Monti), più che difficile sembra impossibile.


La Germania si oppone agli eurobond (titoli di stato comuni a più Nazioni che condividerebbero le garanzie di loro rimborso alle scadenze) non intendendo pagare interessi maggiori di quelli in pratica quasi inesistenti sui propri odierni titoli di finanziamento, ben lieta che a far le spese dell’attuale situazione siano Italia, Spagna, e più o meno numerose altre Nazioni.


Se però l’euro dovesse saltare in aria e venissero reintrodotte le singole monete nazionali (lira, franco, marco, corona, ecc.) l’economia tedesca subirebbe un crollo valutato da un documento del ministero delle Finanze tedesco riportato dal settimanale Der Spiegel, in una caduta del 9,2% del Pil e nell’aumento di 5 milioni di disoccupati.

Secondo l’Ufficio Studi di Ing, colosso del credito a base olandese, l’uscita dell’euro farebbe scendere il rapporto debito/Pil italiano dal 120 al 112% entro il 2016 e aumentare quello tedesco dall’attuale 82% ad oltre il 100% per poi assestarsi sul 93-95%.


È bene, quindi, che la Merkel continui a ricordare, dopo il primo passo che ha forzatamente dovuto fare a seguito delle pressioni italo-spagnole, con quella che è stata definita la “svolta di Bruxelles” (consistita nell’approvazione di uno strumento per frenare la corsa dei tassi sui debiti sovrani, con intervento salva spread monitorato da Commissione e BCE) che tirare la corda ha un limite nella sua rottura; è altresì indispensabile che l’ansia di molti politici italiani di apparire europeisti a tutti i costi, trovi un limite negli interessi della Nazione e dei suoi abitanti.

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