Il Diritto di voto alle donne fu introdotto dalla Monarchia, votarono per la prima volta il 10 marzo 1946

Opinione di Italia Reale: 
IL DIRITTO DI VOTO ALLE DONNE FU INTRODOTTO DALLA MONARCHIA
 
In Italia le donne (con più di 21 anni) votarono per la prima volta il 10 marzo 1946, nel corso delle elezioni amministrative, e in quello stesso giorno il decreto regio n.74 introdusse anche il diritto all'elettorato passivo che poi permise ad alcune donne di essere elette all'Assemblea Costituente.
 
Non è vero quindi che le donne votarono per la prima volta nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946, propagandato dal regime repubblicano per far pensare l’idea che fu la repubblica ad introdurre il diritto alle donne di votare.  
 
Inoltre bisogna anche chiarire che quando si svolse il referendum Monarchia - repubblica (2- 3 giugno 1946) in Italia c'era ancora la Monarchia, e la repubblica entrò in vigore solo il 1° gennaio 1948.
 
Un grave vizio della repubblica è quello di appropriarsi indebitamente di un qualcosa che non si merita, e il diritto al voto delle donne fu permesso dalla Monarchia, non dalla repubblica. 
 
Per essere più precisi il diritto al voto fu già sancito il 30 gennaio 1945 quando la riunione del consiglio dei ministri si disse favorevole all’estensione alle donne del diritto al voto. Così il 31 gennaio 1945 fu emanato il decreto legislativo n. 23 che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni. Uniche escluse le prostitute schedate che lavoravano al di fuori delle case dove era loro concesso di esercitare la professione.
Con il decreto legislativo luogotenenziale del 2 febbraio 1945, il consiglio dei ministri estese il voto anche alle donne che avessero compiuto la maggiore età (all'epoca 21 anni).
 
Come in tutto il mondo la storia per ottenere il suffragio femminile in Italia ha origine nell'Ottocento, e già con l'avvento dell'Unità ci furono numerosi tentativi di ammettere le donne al voto amministrativo, che però per tanti motivi vennero insabbiati e non furono mai discussi in Senato. 
(disegni di legge Minghetti, Ricasoli del 13 marzo e 22 dicembre 1861; quello del ministro dell'Interno Ubaldino Peruzzi del 5 marzo 1863; la legge n. 6972 del 17 luglio 1890; Legge n. 295 del 16 giugno 1893; legge n. 121 del 20 marzo 1910; legge n. 487 del 4 giugno 1911 ... vedi wikipedia )
 
Le donne, durante la guerra, quando gli uomini erano al fronte, avevano dato prova di riuscire a sostituire bene gli uomini ed il Governo, per dimostrare loro un pò  di gratitudine, il 9 marzo 1919 promulgò la legge Sacchi con la quale si eliminava la predominanza dell'uomo nella famiglia e fu approvato l'ordine del giorno Sichel che prevedeva l'ammissione delle donne al voto sia amministrativo sia politico su presentazione di un disegno di legge.
 
Purtroppo l’avvento del fascismo bloccò tutto. Mussolini inizialmente sembrava intenzionato a concedere questo diritto cominciando dal campo amministrativo, ma con la riforma podestarile del 1926 e poi con la riforma elettorale del 1928, il fascismo tolse il diritto di voto addirittura agli uomini.
 
Per quanto riguarda l'elettorato passivo -  cioè della possibilità, per le donne, di essere votate - si dovette attendere il decreto n. 74 datato 10 marzo 1946, firmato da Umberto, il Principe di Piemonte, Luogotenente Generale del Regno.
 
 
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