LA QUESTIONE NUCLEARE

autore: 
G.V.R.

Riproponiamo un articolo pubblicato a pag. 10 del numero di marzo 1988 del nostro Mensile.
Se il nostro pensiero fosse stato accolto 20 anni or sono, oggi l’Italia sarebbe svincolata in gran parte dai rifornimenti di petrolio e da quelli di energia nucleare pagati a caro prezzo alle Nazioni confinanti.
Come è naturale, però, non tutti - anche tra i monarchici - sono favorevoli al nucleare e accanto all’articolo ora riproposto ne pubblichiamo uno di contenuto contrario dell’Avv.Massimo Mallucci, aprendo così un dibattito sull’argomento al quale speriamo i lettori intendano partecipare.

Da alcuni mesi si fa un gran parlare circa l’opportunità o meno di sviluppare l’energia nucleare.
L’opinione pubblica male informata e troppo spesso influenzata da chi ha interesse a distorcere la realtà per motivi politici, anche recentemente si è dimostrata contraria al nucleare con una maggioranza schiacciante in occasione dei referendum.
Tuttavia occorre tener conto delle future prospettive e necessità, se si vuole assumere una posizione responsabile su questo problema che è certamente della massima importanza.

L’era moderna è indubbiamente caratterizzata da una necessità sempre crescente di energia, sia per le attività industriali, che per quelle agricole ed anche per i consumi cosiddetti domestici.

Le risorse naturali sono quelle che sono; alcune sfruttate già al massimo, altre in corso di esaurimento, altre ancora con possibilità di ulteriore sfruttamento.
Tuttavia sappiamo benissimo che la principale riserva di energia, rappresentata dal petrolio è destinata ad esaurirsi progressivamente, sia pure a notevole distanza di tempo.

Altre fonti di energia, pulita, naturale, come quella solare, almeno per ora sono di uso ed efficacia limitata. Piaccia o non piaccia, occorre quindi prendere atto della circostanza che allo stato attuale soltanto l’energia nucleare ha tutte le caratteristiche richieste per affrontare e risolvere le necessità presenti e future dell’umanità.

Naturalmente mi riferisco all’uso pacifico, anche se (e ne sono convinto), è soltanto grazie all’armamento nucleare che il mondo libero ha finora evitato un’aggressione da parte dell’Est (L’articolo, come detto è del 1988 allorchè il pericolo comunista era reale.N.d.D.).
Le obiezioni che si muovono alla diffusione delle centrali nucleari sono molte,ma sostanzialmente riducibili a due: pericolo di catastrofi e pericolo di inquinamento.

E’ indubitabile che una rinuncia all’uso dell’energia nucleare da parte di tutti (ipotizzabile ma certamente non realizzabile) potrebbe apparentemente risolvere il problema. Ma è certo che comunque vi sarebbero degli Stati che per la loro particolare struttura (Governi totalitari o quanto meno autoritari), non essendo condizionati dall’opinione pubblica, continuerebbero a sfruttarla, potenziando le proprie attività industriali e progredendo in modo massiccio rispetto alle altre Nazioni.
Ma non basta. Anche chi avesse rinunciato al nucleare (come si vorrebbe che facesse l’Italia) continuerebbe ad essere esposto ai disastri dipendenti da fughe di radiazioni, inquinamento, ecc.

Esemplare a questo proposito è quanto avvenuto a Cernobyl, una località posta a migliaia di chilometri dall’Italia, nella quale si è verificato un incidente di per sé non particolarmente grave (guasto ad un solo reattore di potenza limitata). Eppure tutto il mondo ne ha scontato e ancor più ne sconterà le conseguenze in futuro, poiché è certo che oltre ad un numero limitato di persone colpite immediatamente dalle radiazioni, ve ne saranno molte altre che ne subiranno gli effetti.

Mi riferisco a quanti sono stati o saranno colpiti da leucemia per causa delle radiazioni; per non parlar delle enormi quantità di derrate alimentari distrutte in tutto il mondo.

Ne consegue che una rinuncia unilaterale dell’Italia allo sviluppo dell’energia nucleare non farebbe che aumentare il gap tecnologico nei confronti delle Nazioni industrialmente più progredite e nello stesso tempo non ci sottrarrebbe al rischio di essere coinvolti da altri disastri, sul tipo di quello di Cernobyl.

L’unica soluzione valida è pertanto quella di incrementare lo sviluppo dell’energia nucleare, facendo però ricorso ai sistemi di sicurezza più progrediti ed a personale particolarmente addestrato.

Sarebbe anzi auspicabile che venisse all’uopo creato un ente internazionale di controllo fornito di amplissimi poteri ed autorizzato ad operare in tutto il mondo, al fine di obbligare i singoli Stati ad attenersi rigidamente e senza eccezioni alle norme di sicurezza.

Ma temo che come al solito non se ne farà nulla e si continuerà a perdere tempo in discussioni inutili nelle quali il nostro Parlamento ed i nostri politici sono maestri.

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