PARMALAT E DINTORNI

autore: 
Roberto Vittucci Righini

Personalmente non coinvolto nelle vicende Parmalat e similari, ritengo di poter esprimere serenamente alcune considerazioni.

La repubblica

Va sin da ora chiarito che la repubblica italiana non ha mai tutelato minimamente il risparmio, preoccupata da sempre, in coloro che ne hanno retto le sorti e che l’hanno gestita, unicamente di salvaguardare i propri interessi personali (e basti qui osservare come i nostri parlamentari non abbiano mai avuto modo di temere la svalutazione della lira, veloci come sono sempre stati nell’aumentarsi stipendi e prebende ben al di là ed al di sopra di qualsiasi perdita di potere della moneta).

I politici

Il menefreghismo dei politici nei confronti dei risparmiatori è stato uguale nei governi di centro, di centro-sinistra ed anche nell’attuale di centro-destra.
Anzichè perdere il tempo nel discutere sul come proteggere oppure demolire le fortune del Presidente del Consiglio, i “signori” politici avrebbero dovuto trovare il modo di tutelare i risparmiatori che non sono tutti, come vorrebbe certa sinistra, ladri e sfruttatori, ma comprendono anche una massa di poveri diavoli che dai frutti di quanto messo da parte in vite di lavoro, traggono integralmente i mezzi per campare oppure, se dotati di pensioni a volte minime, per arrotondarle.

Gli imprenditori

Scopo di chi esercita l’imprenditoria è unicamente quello di arricchire se stesso. Sono finiti da decenni i tempi di imprenditori che si preoccupavano dei sottoposti e dei lavoratori; oggi gli imprenditori, i quali - è ora che tutti lo capiscano - non sono benefattori nè Babbi Natale, nella gran maggioranza se ne infischiano del benessere dei lavoratori e se fanno qualcosa per tutelarne la salute oppure anche se danno aumenti di stipendio et similia, lo fanno solo in quanto costretti per adeguarsi alle leggi (ed evitare conseguenze penali) oppure per far cessare scioperi (ed evitare danni economici).

Le Banche

Le Banche sono imprenditori che anzichè commerciare in prodotti caseari o agricoli, oppure in automobili o stoffe, lavorano soldi ed il cui scopo è di aumentarli sempre di più a proprio beneficio ed a spese di chi si rivolge loro. Nessuna meraviglia, quindi, che le Banche piazzino ai risparmiatori azioni od obbligazioni oltre che di Società sane, anche di imprese sconosciute o quasi e site anche in zone lontane e fuori controllo (Estremo oriente, Africa, Australia, ecc.) o altresì di imprese italiane “a rischio.
Tanto più i titoli provengono da società poco o nulla conosciute o anche traballanti, maggiori sono le provvigioni per le Banche, le quali però si tutelano facendo firmare, a chi loro in piena fiducia si affida, “documenti sui rischi generali degli investimenti finanziari” nei quali, anche se nessuno li legge o capisce nella loro gravità, è detto che tutti i rischi sono a carico del cliente.

In altre parole grazie a tali documenti fatti sottoscrivere dai clienti, le Banche possono piazzare titoli spaventosamente pericolosi, senza assumere il minimo rischio in proprio.
Non paghe di tale situazione di privilegio che si sono create, per cui se i prodotti da loro proposti si rivelano poi titoli spazzatura a farne le spese non saranno esse che li hanno consigliati ai clienti, bensì solo questi ultimi, talune Banche approfittano di crack tipo quelli dei bond argentini, della Cirio, della Parmalat e di altre società della stessa risma, per propagandare i loro Fondi dicendo: “avete voluto fare di testa vostra e ne pagate le conseguenze che avreste evitato qualora aveste investito nei nostri Fondi.

Questo discorso delle Banche non l’ho mai capito in quanto le possibilità a mio avviso possono essere solo due: le Banche non si sono fidate di introdurre nei propri Fondi i titoli poi scoppiati, in quanto ne conoscevano l’alto rischio (e in tal caso non avrebbero dovuto consigliarli ai clienti) oppure le Banche avevano introdotto nei loro Fondi anche i titoli poi risultati “spazzatura” (e allora i Fondi hanno subito danni pari a quelli dei singoli risparmiatori, se non addirittura maggiori nei casi in cui le Banche hanno poi risarcito quanto meno percentualmente a risparmiatori, i danni loro causati con l’aver consigliato tali titoli).

Come poc’anzi detto, talune Banche e tra esse quelle ai cui sportelli ancora il giorno prima che la Parmalat “scoppiasse” finendo su tutti i giornali, veniva consigliato di non venderne i titoli in attesa di una pronta ripresa, stanno effettuando risarcimenti percentuali ai loro clienti tanto malamente consigliati, ma anche se risarcissero tutti, dovrà rimanere nei risparmiatori uno stato d’allerta nell’investimento attraverso esse dei propri denari.

Gli organi di controllo

Il caso Parmalat è giustamente esploso sulle pagine dei giornali di tutto il mondo, con il suo terrificante buco stimato in oltre 14 miliardi di Euro.
L’Italia ha certamente subito un grave danno di immagine che ha coinvolto non solo gli ideatori e orchestratori di quella che non può venir definita in altro modo che una gigantesca truffa.
Chi doveva controllare la Parmalat?
La discussione è aperta tra la Banca d’Italia e la Consob in primo luogo, seguite dalle Società di controllo e dai Sindaci della S.p.A.
Come finirà? Presumibilmente in una bolla di sapone.

I risparmiatori

Dall’epoca di Sindona e attraverso le beffe ed i disastri finanziari di tanti “amici dei risparmiatori” che hanno via via consigliato investimenti in container, in marmo nero peruviano, in particolari villaggi turistici in paesi esotici e in altre attività poi rivelatesi “fantasma”, i risparmiatori sovente sono stati allettati da guadagni troppo facili e troppo ricchi per essere veri.

In epoca di titoli di Stato che rendono intorno al 2%, è illusorio ritenere garantito il proprio capitale in investimenti che rendono molto di più.
Meno alta è la rendita, maggiore è la garanzia, e su questo non ci piove. E’ pur vero che una rendita intorno al 2% non serve neanche a conservare intatto il capitale in presenza di una svalutazione quanto meno del 2,3% annuo, come è anche vero che molti risparmiatori hanno necessità di rendite per poter campare. Il perdere oltre che la rendita anche il capitale, non è tuttavia la scelta migliore e riteniamo che la prudenza consigli quanto meno a coloro che non hanno assoluta necessità di un reddito, investimenti poco remunerativi ma sicuri, in attesa di tempi migliori.

Calisto Tanzi

Calisto Tanzi, amico di già potenti democristiani e di altri politici che si dice gli debbano notevole riconoscenza anche se sono stati pronti a “chiamarsi fuori”, ha reiterato l’istanza di arresti domiciliari, accampando motivi di salute.
I danneggiati dalla Parmalat e dai voraci arricchimenti di Tanzi, sono centinaia di migliaia; tra essi persone che hanno perso ogni risparmio.
Molti dei risparmiatori danneggiati da Tanzi e dai suoi complici hanno certamente visto nascere o acquirsi carenze di salute per colpa sua; molti anche se non li conosciamo, ma possiamo intuirlo, hanno ora maggiori problemi al cuore, ansia e insonnia, a parte sicuramente, per tanti, stati di profonda disperazione. Tra i risparmiatori beffati da Tanzi e soci, vi sono persone che vivono in soffitte, in case popolari, o in alloggi di ringhiera con gabinetto comune a più famiglie, con servizi e riscaldamento sui generis, e via dicendo.

Molte di queste persone farebbero carte false per poter, da innocenti, “subire” gli arresti domiciliari in una delle numerose, ampie, riccamente arredate, dotate di ogni conforto oltre che di personale di servizio e custodia, case che Tanzi si è procurate con la propria famiglia grazie ai soldi di chi ha mal riposto la fiducia nella Parmalat e in lui.
Essendo pacifico che le case di Tanzi e famiglia (anche se i figli dell’industriale, come sostengono, fossero stati all’oscuro del raggiro e delle male azioni perpetrate dal genitore, hanno ugualmente beneficiato dei loro frutti) non sono sufficienti ad ospitare i disgraziati danneggiati dalla Parmalat, giustizia però imporrebbe che in caso di arresti domiciliari a Calisto Tanzi venga assegnata una casa popolare di un paio di stanze, nelle quale prosegua in quella detenzione che, se affrontata in casa sua, suonerebbe come un intollerabile premio.

La condanna

Da Avvocato ho sempre consigliato ai clienti che gestivano imprese in stato di decozione non sanabile, di chiedere in proprio il fallimento, senza coinvolgere e danneggiare altri con finanziamenti o forniture che non sarebbero stati mai rimborsati o pagati.

La Parmalat anzichè continuare a danneggiare una massa enorme di risparmiatori, avrebbe dovuto chiudere prima la partita mettendosi nelle mani degli Organi competenti che ne avrebbero tentato il salvataggio (come si tenta ora) in situazione ben diversa.
Non è dato sapere mentre scriviamo, cosa decideranno Governo e Parlamento per tentar di evitare il ripetersi di casi simili, ma la condanna dei responsabili della Parmalat dovrà essere severa e senza pietà, a monito di chi dovesse in avvenire tentar ancora di danneggiare tanta povera gente.

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