ITALIA REALE
Trimestrale del movimento politico "Italia Reale - Stella e Corona"
78 anni fa Re Umberto II lasciava l'Italia
Il 13 giugno 1946, Re Umberto II lasciò l'Italia in seguito a un colpo di stato orchestrato dal governo di Alcide De Gasperi ed iniziava il suo lungo ingiusto esilio, lasciando un'Italia che non avrebbe mai più rivisto. Da vivo Umberto ha vissuto in esilio per quasi 37 anni, e da morto altri 41 anni, in totale quasi 78 anni.
Con un referendum i cui risultati erano ancora dubbi, senza attendere la conferma ufficiale della Corte di Cassazione, il governo, con un gesto rivoluzionario, assume poteri che non gli spettavano, e di fronte a tanta violenza il Re Umberto decise di lasciare il Paese per evitare spargimento di sangue tra gli italiani.
I Risultati Provvisori del Referendum
Il 10 giugno 1946, la Corte di Cassazione comunicò ufficiosamente i risultati del referendum, tuttavia, la decisione definitiva e la pronuncia sui ricorsi e sui voti nulli furono rimandate al 18 giugno. Nonostante ciò, il 13 giugno, il governo decise unilateralmente di conferire a De Gasperi l'esercizio delle funzioni di capo dello Stato.
Il Colpo di Stato di De Gasperi
Tre giorni dopo la comunicazione dei risultati provvisori, alle 0.15 del 13 giugno 1946, il governo conferì arbitrariamente al suo presidente, Alcide De Gasperi, l'esercizio delle funzioni di capo dello Stato. Questo atto, descritto da Umberto II come un gesto rivoluzionario e illegittimo, forzò il re a lasciare l'Italia per evitare una guerra civile.
L'Addio di Umberto II
Il 13 giugno 1946, alle 15, i corazzieri si schierarono nel cortile del Quirinale per l'ultima volta. Il comandante Riario Sforza ordinò: "Guardie del Re, saluto al Re!", e i corazzieri risposero con un potente "Viva il Re!".
Alle 16.10, Umberto II partì dall'aeroporto di Ciampino, diretto in esilio in Portogallo, da dove non avrebbe mai più fatto ritorno.
Il Proclama di Re Umberto II
Prima della partenza, Umberto II pronunciò un discorso toccante agli italiani, protestando contro l'atto illegale del governo, ribadì il suo impegno a evitare lo spargimento di sangue ed a proteggere l'Unità Nazionale, esprimendo il suo dolore per dover lasciare la Patria, aggiungendo che l'Italia potrà sempre contare su di Lui, come il più devoto dei suoi figli.
L'Esilio
L'esilio di Umberto II segnò una svolta nella storia italiana. La repubblica, imposta senza il rispetto delle procedure legali, gettò un'ombra sulla sua legittimità, mentre la decisione di Umberto II di lasciare l'Italia per evitare un conflitto interno dimostrò il suo profondo senso di responsabilità e amore per la Nazione.
Il Ricordo di Umberto II
Umberto II rimane un simbolo di integrità e sacrificio e la sua memoria è ancora viva tra gli italiani che vedono nella sua figura un esempio di dignità e dedizione alla Patria. Nonostante l'esilio e la sepoltura in terra straniera, il ricordo di Umberto II continua a ispirare rispetto ed ammirazione e la sua lontananza fisica non fa che aumentare il suo mito e il suo ricordo tra tutti i veri italiani.
Considerazione
Il giorno in cui Re Umberto II lascio l'Italia, 13 giugno 1946, rappresenta l'inizio del successivo periodo di declino del nostro Paese.
Il famoso e rimpianto giornalista Montanelli ricordò di aver votato per la Monarchia nel 1946 perché rappresentava l'unico filo che legava l'Italia alla tradizione nazionale del Risorgimento. Questo filo spezzato dalla nascita della repubblica ci ha fatto perdere l'identità italiana, il valore che l'Italia oggi, più che mai, ha bisogno.
Di fronte alla crescente decadenza politica, istituzionale e culturale, noi riaffermiamo l'orgoglio di sostenere la Monarchia come coronamento di un vasto programma di rinnovamento dello Stato, tanto necessario oggi.
Ecco il messaggio di Re Umberto II prima della partenza:
Italiani !
Nell'assumere la Luogotenenza Generale del Regno prima e la Corona poi, io dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo, liberamente espresso, sulla forma istituzionale dello Stato. E uguale affermazione ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha affidato il controllo e la proclamazione dei risultati definitivi del referendum.
Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare entro il 18 giungo il giudizio sui reclami e di far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non risoluta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.
Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della Magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.
Italiani! Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.
A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.
Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove.
Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani. Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.
Viva l'Italia !
Umberto
Roma, 13 giugno 1946