FRASTORNATI E DELUSI SI TORNA ALLE URNE

autore: 
Roberto Vittucci Righini

L’Italia nel 1945 uscì dalla Seconda guerra mondiale dilaniata nel cuore di tanti suoi abitanti che avevano subito lutti, e distrutta specialmente nelle città dai bombardamenti e dalle devastazioni. 

Bisognava trovare la forza, il carattere e la decisione di risorgere e gli Italiani dimostrarono a se stessi ed al mondo di essere un grande popolo; le macerie scomparvero, le ciminiere delle fabbriche ripresero ad emettere fumo, tornò la voglia di vivere e prosperare.

Ad incanalare la volontà di riscatto, a coadiuvarlo nello sforzo della ripresa il Popolo trovò al proprio fianco una classe di dirigenti e dipendenti pubblici, quella che si suol definire “burocrazia”, nata e formata sotto la Monarchia, composta da persone serie, oneste, preparate e di buona volontà, che fu determinante nella rinascita. 


Con una crescita progressiva e costante il Popolo e gli onesti funzionari pubblici che lo coadiuvarono sollevarono l’Italia portandola al trionfo di quel “miracolo economico degli anni ’60”, a quell’ “Oscar della Lira” il cui ricordo sempre più sfumato sta ormai assumendo l’aspetto del miraggio di un tempo che, in quanto strabiliante, si tende sempre più a ritenere faccia parte della fantasia e non sia mai esistito. 

Ai funzionari e burocrati dello Stato, educati nel mito del Ministro Quintino Sella che per lavorare la notte pagava di tasca le steariche (candele) che davano luce alla sua scrivania al Ministero, ed ai politici seri e onesti cominciò a subentrare una crescente quantità di sciacalli e di avvoltoi per i quali gli interessi pubblici si identificavano con quelli personali, il bene dello Stato veniva sostituito da quello della propria pancia o della propria famiglia, il denaro dei contribuenti aveva senso solo se dirottato sul proprio conto corrente bancario, il lavoro per il quale si riceve lo stipendio doveva essere rivolto non a profitto del pubblico ma solo delle proprie tasche. La mancanza di onestà e correttezza si estese sempre più coinvolgendo buona parte delle nuove leve che guardavano al Popolo italiano come ad una mucca da mungere ed alla politica come ad una miniera da cui estrarre soldi; i piccoli speculatori si rivolgevano agli impiegati di quarta categoria ottenendo con poca moneta ridotti favori, i grandi affaristi si indirizzavano invece verso le segreterie dei partiti o verso politici affermati ed influenti, con buste e valigette gonfie di banconote. 

L’avidità non ebbe più limiti, le tangenti e la corruzione divennero una prassi sempre più vincolante per poter ottenere non solo favori al di là del lecito, ma addirittura per potere conseguire permessi e licenze del tutto legittimi ma ad arte ritardati o bloccati da chi doveva emettere e firmare i necessari documenti. 

Ciò anche a prescindere dalle valigie piene di dollari dall’Unione Sovietica fatte pervenire al P.C.I. e dalle rimesse degli Stati Uniti alla Democrazia cristiana.
Alla ricerca di ulteriori sistemi disonesti per turlupinare e derubare gli Italiani, taluni partiti e politici arrivarono al punto di lanciare campagne di promozione di aiuti a Nazioni bisognose, specialmente africane, concludendo con i governi delle stesse accordi che comportavano la concessione pubblica da parte dell’Italia di finanziamenti a volte ingenti ed il ritorno segreto nelle casse del partito italiano proponente, di una percentuale dei finanziamenti stessi. 

In altri casi le manfrine dei falsi aiuti ai Paesi poveri seguivano la strada dell’invio anziché di denaro, di beni di necessità (alimentari e farmaceutici) costituiti però da merce invendibile sul territorio nazionale per essere scaduta e da avviare alle discariche, ma fatta pagare allo Stato italiano come buona, rifilata ai Paesi bisognosi da industriali che meritavano la galera e che facevano partecipare agli utili i compari e complici politici.
 

L’ingordigia non si pone nè ha limiti ed ecco così che passato il venticello di “Mani pulite”, pomposa denominazione data all’infruttuoso quanto propagandato tentativo di taluni magistrati milanesi di porre un freno al mangia mangia della politica italiana, è stato riconosciuto ed ammesso che le tangenti e la corruzione rappresentano la regola del nostro Paese e che senza di esse molti imprenditori anziché all’industria sarebbero costretti a dedicarsi a coltivar cicoria.


È tale la sfacciataggine di tanti, troppi politici, che persone come Francesco Belsito, Luigi Lusi, e Franco Fiorito, rispettivamente tesorieri della “Lega Nord”, de “La Margherita” e del gruppo “P.d.L:” alla Regione Lazio, nonostante le gravi provate accuse emerse nei loro confronti, continuano a proporsi come semplici allegri spendaccioni. 

Nessuna meraviglia, quindi, che la politica italiana sia stata invasa ad ogni livello da nullafacenti, incapaci, arruffoni, cercatori di ricchezza, diversamente intelligenti, ignoranti, drogati, che appoggiandosi l’un l’altro, grazie anche alla tolleranza ed a volte complicità del sempre minor numero di colleghi seri, a furia di deliberare vantaggi e prebende a proprio favore, l’hanno trasformata in “casta”.

L’attore Walter Chiari dimettendo in un’occasione la veste di comico, in un Teatro di Genova affermò che dalle tasche dei gerarchi fascisti appesi a testa in giù a Piazzale Loreto a Milano, non erano cadute monete, venendo di conseguenza accusato e insultato, ma nessuno ritengo avrebbe da dire se si sostenesse che dalle tasche di molti politici italiani per un gioco appesi a testa in giù, uscirebbero atti notarili di acquisti da parte di terzi di prestigiosi immobili a loro insaputa a loro stessi intestati o di altri beni parimenti a loro insaputa da sconosciuti intestati a loro mogli, parenti vari e amanti.


Nonostante tutto, però, ai politici italiani è doveroso dare atto che pur non essendo in grado di amministrare e dirigere la Nazione (tanto da aver dovuto per tentar di raddrizzarne la sorte ricorrere ad un Governo di tecnici, con ciò riconoscendo di non essere competenti dei vari Ministeri e degli altri posti comportanti responsabilità che si fanno via via assegnare, né tanto meno preparati e in grado di governare), nella loro auto riconosciuta incapacità, da dilettanti hanno causato minori danni dei tecnici professionisti del Premier Monti.

 

Il Governo dei tecnici, infatti, in poco più di un anno di gestione è riuscito ad aumentare spaventosamente le imposte portando anche alla disperazione proprietari grandi e piccoli di case grazie all’Imu, a ridurre le pensioni, a far aumentare la disoccupazione, il debito pubblico dello Stato, il costo delle utenze, ecc., con il terrificante anche se evidentemente non voluto aumento di suicidi di piccoli imprenditori e di lavoratori.


Tramontato per ora e mi auguro per sempre il Governo Monti, si torna frastornati e delusi alle urne.

Escluso, per quanto mi riguarda, il voto a sinistra, compreso quello a liste che presentano magistrati (uno dei quali fautore a sinistra della “rivoluzione civile” ha dichiarato “Mi candido in linea di continuità con il ruolo di magistrato che ho svolto finora”, facendomi accapponare la pelle), escluso il voto al centro intendendo per esso chi ripropone il governo Monti, non intendendo sprecare una fetta di salame come fece quell’elettore che anni addietro a Torino la infilò nella scheda sulla quale aveva scritto: “Mangiatevi anche questa”, né alzare le braccia e non recarmi alle urne, in attesa di poter finalmente tornare a votare “Stella e Corona”, turandomi, come insegnò Montanelli, il naso, darò il voto al centrodestra, con la speranza che non ci vengano ulteriormente rifilati nani e ballerine.

 

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