LA CASATA DEI BOSSI

autore: 
Gianmarco Cerotto

In un momento storico che necessiterebbe di una maggiore presenza giovanile in politica assistiamo inermi alle ipocrite risposte della classe dirigente per questa problematica.

Di fatto l’unica soluzione è stata quella di integrare nel già nutrito corpo di rappresentanti politici il Ministro della Gioventù, un abile ripiego piuttosto che un sincero interesse per i giovani.

Di fronte ad una politica incapace di parlare all’elettorato e ancor più incapace di parlare ai giovani assistiamo al sempre più crescente disinteresse di questi per lo Stato.

Invitati dai propri parenti ad andare via dal Paese, abituati ad un clima di ingiustificata violenza, i giovani sempre più si allontanano dalla cultura e dai valori.

Accanto a queste problematiche, che già da sole possono essere considerate di rilievo, assistiamo alla rinascita (ma in realtà non è mai cessato di esistere) del fenomeno del nepotismo che si traduce in una sempre più crescente sfiducia verso le istituzioni preposte all’insegnamento.

Siamo abituati a vedere ragazzi “raccomandati” passare agevolmente, agevolmente trovare un posto di lavoro e siamo altrettanto costretti a vedere persone meritevoli e fresche di laurea pronte alla fuga per ricevere una maggiore attenzione in una “terra straniera” ma capace di accogliere e valorizzare i talenti.

Alle elezioni (tanto per rimanere in tema) gli abitanti di Brescia sono stati chiamati a scegliere, tra i candidati, se dare la propria fiducia al figlio di Bossi,Renzo Bossi.

La notizia della candidatura è stata confermata dal viceministro alle infrastrutture Roberto Castelli che, lasciando il Consiglio Federale l’1 febbraio 2010 per recarsi a Roma, con toni entusiastici ha detto: “Sì, è confermato: Renzo Bossi sarà candidato per le regionali in Lombardia a Brescia. È espressione del consiglio provinciale della Lega di Brescia che lo ha scelto” e proseguendo, alla domanda se essere il figlio di un leader di partito come Bossi possa avere il suo peso per l’esito elettorale, ha replicato: “Ha detto bene, può essere un peso. Avere un grande padre in molti casi può essere pesante oppure può temprare. Conoscendo Renzo Bossi, credo che il suo sia il secondo caso”.
Non so quanto il viceministro sia convinto di ciò che ha detto ma per tutti quelli che ragionano le sue risposte non sono state per nulla convincenti, e ancor di più è legittimo dubitare delle dichiarazioni dell’illustre padre che afferma: “non ha avuto nessun trattamento di favore, viene scaraventato nell’arena di fronte agli elettori e deve metterci la faccia: non è facile andarsi a cercare i voti”.

Bossi alla maniera di un Signore si assicura la successione dando, con questo chiaro esempio di nepotismo, un’ulteriore “spallata” ai già fragili equilibri della nostra democrazia./>
E’ giusto quindi considerare l’Italia un’oligarchia piuttosto che uno Stato attento a rispettare il potere del popolo?/>
Per noi monarchici la risposta non può che essere affermativa; per noi questa domanda non genera alcun tipo di dubbio o tentennamento, perché siamo consci del fatto che il potere tramandato di padre in figlio non può essere gestito da una politica interessata, ma al contrario è proprio di un ambiente, appunto monarchico, che fa dell’ereditarietà un aspetto importante dell’organizzazione statale con l’unico scopo di dare stabilità e continuità
al governo./>
I monarchici criticano fermamente il gioco di potere messo in atto da questa cerchia di oligarchi rincuorati nel sapere di poter trasmettere impunemente il potere ai propri discendenti.

In questo contesto malato sono le famiglie a risentirne maggiormente, queste infatti non riescono più ad assolvere al delicato compito di seguire i giovani nel loro percorso formativo (ecco perché ragazzi come Renzo Bossi a volte si comportano in modo criticabile) a causa di un ambiente privo di valori nel quale i genitori difficilmente possono educare i propri figli.

Al contrario la Monarchia rappresenta la naturale prosecuzione delle famiglie e fa in modo che queste assolvano appieno i propri compiti.

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