I Talebani anti-G8

autore: 
Renzo Giraudo Bes

Quando i lettori leggeranno questo numero di “Italia reale” sapranno già come è andata a finire la vicenda del G8 e se e quante teste sono state rotte nell’occasione. Noi scriviamo prima che il convegno genovese degli otto “grandi” abbia luogo e non ci azzardiamo a fare previsioni. Possiamo però commentare quanto si è visto prima che la riunione si svolgesse; e quel che si è visto non è proprio edificante.

Il neo Ministro degli Esteri del Governo Berlusconi ha cercato abilmente di aprire un dialogo con i contestatori, nel tentativo di dividere quelli più ragionevoli dagli estremisti pronti a qualunque violenza, ed ha perciò concesso spazi per le manifestazioni degli oppositori, riconoscendo il loro diritto di esprimere liberamente delle opinioni diverse da quelle “ufficiali”. Meno lodevole ci è parsa invece la decisione di spendere dei soldi nostri (oltre ai molti spesi per l’organizzazione e la sicurezza del convegno) per ospitare le legioni di contestatori in arrivo da mezzo mon do.

E assolutamente deplorevole ci è sembrato il fatto che sia stato permesso alle frange violente del movimento di presentarsi pubblicamente in vesti paramilitari (il che è espressamente proibito dalla legge) e addirittura di esibirsi in pubblico (e con preavviso!) in esercitazioni di guerriglia urbana: da un governo decisionista come dovrebbe essere quello di Berlusconi era lecito aspettarsi una posizione meno molle. Dal punto di vista dell’ordine pubblico è certamente doveroso distinguere nella galassia degli antiG8 quelli non violenti dai gruppi organizzati militarmente.

Dal punto di vista politico diventa difficile fare delle distinzioni nette. Infatti quasi tutti i gruppuscoli che contestano il G8 si comportano come i Talebani che affliggono l’Afghanistan: sono integralisti proprio come i Talebani, pretendono di possedere, essi soli, la verità assoluta e rivendicano il diritto di giudicare senza possibilità di appello l’ortodossia di chi si trovano di fronte. Questo atteggiamento as solutistico ha sull’opinione pubblica un effetto che è l’esatto contrario di quello che i neotalebani vorrebbero: infatti la gente comune, la grande massa moderata, reagisce automaticamente respingendo queste posizioni e schierandosi dalla parte dei globalizzatori.

Questa reazione psicologica è ancora più forte se la contestazione è accompagnata da atti di gratuita violenza: la testa rotta di un povero poliziotto fa più propaganda ai globalizzatori di una serie di convegni; una vetrina spaccata a un bottegaio qualunque danneggia solo lui, non certo i potenti della terra; un Mc Donald danneggiato da teppisti fa più pubblicità all’impero dell’hamburgher di un miliardo speso in manifesti. E’ mai possibile che i contestatori non si rendano conto di ciò?

E’ possibile che siano cretini a tal punto? A noi par proprio di no. E allora viene spontaneo porsi alcune domande.

Dove trovano i soldi per fare quello che fanno queste masse di sfaccendati che si muovono a migliaia da una parte all’altra del mondo? Con quali mezzi si mantengono, come campano quando non sono in piazza (o allo stadio, teatro molto spesso di analoghi episodi di teppismo)?

Come riescono ad attrezzarsi per la guerriglia dotandosi di mezzi sofisticati e costosi per attaccare le forze dell’ordine? E perchè nessun giornalista ha mai pensato di fare un’inchiesta sui finanziamenti dei talebani antiG8? Eppure i grandi giornali sono tutti schierati dalla parte dei globalizzatori... Queste considerazioni rafforzano un nostro dubbio, già espresso altre volte: e se le manifestazioni antiG8 fossero volute e finanziate proprio dai globalizzatori allo scopo di provocare quella reazione psicologica che abbiamo descritto più sopra?

Dopo tutto ai potentati economici che sostengono il processo di globalizzazione non importa un fico delle teste dei poliziotti, formichine messe lì per proteggerli, nè della 500 sfasciata a un Pinco Pallino qualunque; anzi, costui dovrà comprarsi una macchina nuova, con maggior profitto per qualche multinazionale.

Pensateci e vi renderete contro che tutto sommato questa ipotesi non è proprio campata per aria. Eppure gli argomenti seri contro la globalizzazione non mancano e una parte almeno dell’opinione pubblica comincia, malgrado tutto, a rendersene conto. Questi argo menti devono essere meglio conosciuti e una presa di coscienza dei limiti e dei mali connessi alla globalizzazione deve essere incoraggiata. In questo senso va il documento presentato dall’Alleanza Monarchica ligure, che pubblichiamo in questo numero e che vi consigliamo di leggere.

Uno dei temi più importanti dei prossimi decen ni sarà la difesa delle identità dei popoli e delle nazioni dal rullo compressore che riduce l’uguaglianza alla standardizzazione delle menti, delle culture, dei costumi per fare degli uomini una massa uniforme di consumatori senz’anima. In questo campo noi monarchici potremo aver molto da dire. A patto di svegliarci.

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